Considerata la mole di informazioni e aspetti da approfondire per affrontare adeguatamente un argomento così vasto, in questa serie di guide sui Non Fungible Token abbiamo diviso il lavoro in tre parti.
Nella prima ci siamo dedicati a capire gli NFT, analizzandone il funzionamento e il potenziale ma anche implicazioni, rischi e controversie. Nello scorso articolo, seconda parte della serie, ci siamo concentrati sull’acquisto e conservazione di un NFT, esplorando a fondo il MarketPlace di riferimento OpenSea e il suo utilizzo tramite MetaMask.
In questa terza e ultima guida siamo pronti per concludere il percorso col tassello forse più entusiasmante, la creazione del nostro primo NFT. Vedremo insieme cosa serve, come procedere e i numerosi dettagli che è importante conoscere.
Creare un NFT è un’esperienza affascinante e un’operazione tutt’altro che complessa. E’ però indispensabile avere chiare le premesse presentate nei due articoli precedenti, la cui lettura è consigliata al fine di facilitare la comprensione dei passaggi di questo tutorial, poiché daremo per scontate le nozioni già discusse.
Dopo una spiegazione delle componenti tecniche fondamentali passeremo a una dimostrazione pratica, usando il solito setup: lo stesso MarketPlace dove abbiamo acquistato, OpenSea, e il wallet Web 3.0 MetaMask.
Punti Chiave:
Gli NFT sono token che certificano la proprietà di un bene su blockchain. Stanno aprendo nuovi mercati e opportunità e generando un interesse senza precedenti.
La loro realizzazione si chiama ‘minting’ (coniatura) ed è un processo accessibile a tutti in quanto non richiede particolari abilità tecniche.
In concreto si tratta di scrivere smart contract che attestano unicità, autenticità e proprietà di una nostra creazione digitale per poi registrarli permanentemente sul network scelto. L’opera vera e propria viene protetta con altre soluzioni decentralizzate.
Come Funziona:Se abbiamo intenzione di coniare il nostro primo NFT è probabile che siamo artisti o persone estrose con qualche creazione digitale nel cassetto.
Abbiamo capito che i token non fungibili sono una tecnologia che permette di registrare per sempre su blockchain il nostro lavoro e siamo curiosi di sperimentare con questa novità.
Il percorso è molto lineare. Andiamo su un sito specializzato, carichiamo la nostra opera e creiamo l’NFT. A quel punto il token si trova nel nostro wallet per criptovalute e possiamo conservarlo, trasferirlo a un altro indirizzo o venderlo.
Se decidiamo di venderlo e non siamo delle celebrità ci serve un luogo dove metterlo in vetrina per raggiungere più persone possibile. E’ qui che entrano in gioco i MarketPlace, le piattaforme che fanno da punto di incontro tra acquirenti/investitori e artisti/creatori, una componente fondamentale del mondo NFT.
Oggi i principali MarketPlace permettono non solo di mettere in vendita ma anche di creare NFT direttamente al loro interno. Più precisamente esistono tre tipi di piattaforme:
- Quelle per creare e basta, come NFT Art Generator o Appy Pie. Sono considerate delle ‘forge’ in cui gli NFT vengono coniati. Non hanno funzionalità da MarketPlace.
- Quelle per vendere e basta, come SuperRare. Sono dei MarketPlace che si occupano solo di fornire una vetrina. Non hanno funzionalità per coniare.
- Quelle ibride, che permettono sia coniare che di vendere, come OpenSea. In pratica dei MarketPlace con funzionalità integrate per creare NFT.
Queste ultime sono ecosistemi completi in grado di gestire ogni aspetto dell’esperienza NFT: comprare, collezionare, coniare, mettere in vetrina, vendere. Siccome danno la possibilità di seguire interi progetti da un’unica interfaccia, semplificando parecchio le cose, sono l’ideale per chi inizia.
Cosa Serve:I passaggi da coprire e gli strumenti da usare per creare un NFT sono esattamente gli stessi per chiunque si affacci a questa dimensione, indipendentemente dal livello.
Partiamo da quello che serve:
- Un’opera da pubblicare come NFT. Può essere una foto, un’opera d’arte, un brano musicale, o qualsiasi altro contenuto digitale. L’importante è che sia unico, di nostra creazione e inedito. I formati accettati dalle principali piattaforme sono JPG, PNG, GIF, SVG, MP4, WEBM, MP3, WAV, OGG, GLB e GLTF.
- Un wallet per criptovalute Web 3.0. Il wallet di riferimento è MetaMask e la criptovaluta è tipicamente Ether, essendo Ethereum il network che ospita la maggior parte degli NFT. Siccome la creazione di NFT avviene registrando smart contract su blockchain, è richiesto il pagamento di una quota per remunerare la potenza di calcolo utilizzata.
Questa commissione si chiama Gas Fee e si paga con la criptovaluta contenuta nel nostro portafoglio. Per procurare i fondi necessari basta recarsi su un exchange, comprare una quantità sufficiente di moneta e trasferirla nel wallet. - Un MarketPlace. Esistono innumerevoli piattaforme dove coniare e vendere NFT. Se il nostro obiettivo è fare un primo esperimento allora è abbastanza irrilevante quale servizio scegliamo e sarà sufficiente rivolgersi a un sito dove si spende poco sia per coniare che per vendere.
Se invece siamo degli artisti la scelta di una piattaforma adatta alle nostre opere, ben funzionante e di successo farà una differenza enorme nella buona riuscita del progetto. Tra i mercati top troviamo OpenSea, Rarible, Mintable e LooksRare. - Degli smart contract idonei ai token non fungibili. Su Ethereum gli standard usati sono gli ERC721, ERC1155, e ERC998, complessi insiemi di contratti che costituiscono di fatto l’NFT. Le piattaforme principali dispongono di contratti pronti all’uso e basati su questi standard, in modo che per gli utenti questa componente lavori automaticamente dietro le quinte, eliminando la necessità di avere capacità di programmazione.
Per i più esperti o per chi ha esigenze specifiche è possibile integrare contratti di propria creazione o scritti da aziende specializzate. - Un profilo. Una volta scelto il MarketPlace che fa per noi sarà sufficiente collegare il wallet per attivare un account, che verrà associato al nostro indirizzo: ci viene automaticamente assegnato un profilo, come su un social network, dove vengono elencate le opere in nostro possesso, quelle create e le attività svolte.
A ogni indirizzo corrisponde un profilo. Su alcune piattaforme è necessario anche registrarsi in maniera tradizionale con email e password. - Una vetrina. Il modello dei MarketPlace prevede la creazione di una vetrina/collezione nella quale esporre gli NFT creati. Alcune piattaforme sono strutturate per ‘Collections’ e altre per ‘Stores’ ma la sostanza non cambia. L’idea è che il MarketPlace, essendo un mercato, è organizzato in modo che ogni artista abbia uno spazio dove esibire le proprie opere.
E’ possibile associare a ogni profilo/indirizzo tutte le collezioni che desideriamo, ad esempio impostandole per genere o tipo di opera.
Profilo e vetrina sono due componenti separate: il profilo può essere pensato come una galleria privata dove conserviamo tutti i nostri quadri, e la collezione come un’esposizione dove esibiamo opere selezionate. Ogni MarketPlace cui ci colleghiamo è come una diversa finestra attraverso la quale vedere cosa c’è dentro la nostra galleria. La singola esposizione è invece visibile solo nello specifico MarketPlace.
Come Procedere:Le operazioni da compiere si possono sintetizzare così:
- Visitiamo il sito del MarketPlace e colleghiamo il nostro wallet.
- Completiamo il profilo utente.
- Creiamo la collezione nella quale mostreremo la nostra opera.
- Carichiamo l’opera sul MarketPlace, inserendo anche dettagli, descrizione e nome.
- Coniamo l’NFT sulla piattaforma.
- A questo punto l’oggetto si troverà nel nostro wallet, nonché visibile in vetrina nella Collection/Store creato. Potremo metterlo in vendita, all’asta, trasferirlo, regalarlo e anche distruggerlo se vogliamo.
Ora che abbiamo chiara la struttura di base possiamo approfondire gli elementi principali che è importante comprendere, per poi procedere con la dimostrazione.
I Token Standard ERC721, ERC1155, ERC998:Essenzialmente creare NFT significa scrivere smart contract che ne contengono i dati e registrarli su blockchain.
Ogni network ha sviluppato degli standard per fornire agli sviluppatori modelli ai quali riferirsi, in modo da semplificare questo processo. La piattaforma che ha dato vita agli NFT è Ethereum e ancora oggi è la più importante, essendo protagonista di oltre il 90% di tutto il volume dei token non fungibili in esistenza.
Come accennato su Ethereum esistono tre standard dedicati agli NFT: ERC721, ERC1155 e ERC998. Le loro specifiche sono identiche anche su tutti i network EVM compatibili, che coprono un’altra buona fetta del mercato.
- ERC721: è lo standard di riferimento quando parliamo di NFT, in quanto si tratta di un tipo di contratto associato a un’opera singola o appartenente a collezioni di oggetti simili ma ognuno diverso dall’altro.
Ogni token è immutabile, induplicabile, indivisibile, e quindi non fungibile: il perfetto NFT, e per molti puristi l’unico vero NFT.
Ha il limite che, essendo ogni oggetto unico, sia in fase di creazione che di vendita o trasferimento richiede transazioni dedicate per ogni operazione, con relativi costi in termini di tempo e soprattutto gas fees. E’ quindi ideale per creare e gestire NFT unici e pezzi singoli, ma non ha molto senso se il nostro focus è coniare serie di NFT. - ERC1155: è uno standard che aggiunge a ERC721 la possibilità di creare e movimentare token in blocco, nonché di creare token semi-fungibili. E’ stato sviluppato da Enjin allo scopo di tokenizzare oggetti all’interno di videogiochi con la flessibilità di poterli editare e rendere sia fungibili che non fungibili.
I token ERC1155 in un certo senso sono un ibrido tra gli ERC20 e gli ERC721 e permettono di superare i limiti di entrambi. Mentre ERC721 necessita di nuovi contratti per ogni tipo di token, gli smart contract dello standard ERC1155 possono gestire infiniti token, facilitando la creazione di serie e collezioni.
Sono inoltre più veloci ed efficienti, con gas fees abbattute del 90%. Questa versatilità li rende il riferimento su molte piattaforme: OpenSea usa esclusivamente questo formato per creare NFT tramite l’interfaccia integrata. - ERC998: è una sorta di estensione dello standard ERC721. Aggiunge la possibilità di combinare più token al suo interno, gestendo simultaneamente token ERC721 and ERC20 e permettendo di creare complesse composizioni di asset, come fossero un portfolio. La differenza rispetto agli ERC1155 è che mentre questi ultimi combinano più asset in un singolo smart contract, gli ETC998 fondono i vari elementi in un unico NFT.
La scelta dello standard dipende da quali sono le nostre esigenze. Alcuni artisti e investitori preferiscono usare solo ERC721 per via della sua individualità e immutabilità. ERC1155 è perfetto soprattutto per chi inizia, a causa dei minori costi e maggiore elasticità. ERC998 ha un potenziale più vasto ma il suo utilizzo è più complesso.
Minting vs Lazy Minting:Il processo di creazione di un NFT si chiama Minting, ovvero coniatura, perché evoca le monete di metallo coniate una per una e poi messe in circolazione.
Mediante il minting il lavoro digitale di nostra produzione viene codificato in tutte le sue caratteristiche nel contratto dell’NFT e registrato sulla blockchain scelta, dove risiederà in modo permanente. Da quel momento sarà tracciabile, vendibile, trasferibile e comprabile sul mercato.
Come spiegato nella parte 1 di questa serie di guide, i metadati, ovvero i contenuti associati all’NFT, che includono anche il file dell’opera, si trovano quasi sempre off chain (cioè non sulla blockchain).
Ciascun MarketPlace ha interfacce di facile utilizzo che permettono agli utenti di gestire gli smart contract senza alcuna competenza tecnica. Basta inserire dati e file della propria opera per procedere in pochi click con la creazione.
Come detto le piattaforme principali impiegano propri smart contract pronti all’uso, che sebbene siano pensati per soddisfare la maggior parte delle esigenze sono per forza di cose limitati.
Addirittura su Ethereum.org troviamo istruzioni dettagliate per la compilazione di contratti customizzati, che chi ha esperienza di programmazione può adottare senza sforzo.
Il processo di minting ha un problema fondamentale. Siccome gli smart contract che costituiscono un NFT sono molto elaborati, le gas fees associate raggiungono facilmente cifre improponibili. Come sappiamo su blockchain più un contratto è complesso maggiori sono le gas fees da corrispondere ai miner per registrarlo ed eseguirlo.
Indipendentemente dal MarketPlace usato le gas fees per creare un NFT su Ethereum possono costare quando va bene qualche decina di euro e quando va male qualche centinaia. Una barriera notevole.
Per superare questa situazione i MarletPlace hanno pensato di introdurre una soluzione chiamata Lazy Minting, un metodo per creare NFT che evita il pagamento immediato delle gas fees. Il pioniere di questo approccio è stato OpenSea, che dice: ‘Gli strumenti per coniare su OpenSea sono pigri (lazy), nel senso che vengono usati solo quando necessario: quando trasferisci a un altro account, o quando qualcuno compra un tuo oggetto’.
In pratica questo meccanismo rimanda la registrazione su blockchain alla prima interazione concreta: l’utente è libero di creare tutti gli NFT che vuole gratuitamente, la piattaforma ne salva i dati sui propri server e permette di pubblicare gli oggetti nella vetrina interna del MarketPlace.
La scrittura on chain avviene solo nel momento in cui l’NFT viene comprato o trasferito. L’idea è che in questo modo l’artista può sbrigliare la sua creatività senza perdersi in questioni economiche.
Tutte le piattaforme principali attualmente offrono la funzionalità Lazy Minting, in diverse varianti. OpenSea richiede una singola gas fee per inizializzare il wallet, ovvero un pagamento una tantum per autorizzare il proprio account a vendere sulla piattaforma. Altre addebitano tutte le commissioni all’acquirente.
Siccome la maggior parte degli artisti creerà collezioni e non un singolo NFT, questo approccio è un compromesso che cerca di incanalare il pagamento di fees in modo da facilitargli la vita, permettendo di pubblicare intere collezioni senza spendere niente.
Il problema però è che il Lazy Minting e le sue varianti non danno vita ad NFT. Di fatto questa soluzione si riduce al lasciare l’NFT sul server centralizzato del MarketPlace fino al momento in cui non avviene una transazione on chain. Se non è coinvolta la blockchain non c’è NFT: non è visibile sul network, non è visibile all’interno di un wallet e non è visibile su altri MarketPlace.
Esiste ed è visibile/vendibile solo nel MarketPlace in cui è stato ‘creato‘. Finché non lo vendiamo o trasferiamo è sempre nostro ma a parte metterlo in vetrina non possiamo farci altro. Per qualcuno può non essere un problema, per altri è un grande limite.
Un’altra questione sorta con questa soluzione è che ha aperto le porte a innumerevoli abusi, con spammer che hanno invaso le piattaforme riempiendole di collezioni copiate, opere rubate e profili falsi. Recentemente OpenSea ha affermato che l’80% di tutte le opere pubblicate nel loro sito sono plagi o truffe. A causa di queste attività fraudolente è stato introdotto un limite di cinquanta NFT per utente.
Risparmiare Gas Fees:Come è evidente, la questione delle gas fees e relative spese è prioritaria e va affrontata e capita ancora prima di muovere i primi passi.
Alla fine le gas fees, siccome c’è una blockchain di mezzo, da qualche parte vanno pagate. Il primo modo di correre ai ripari è quello di comprendere come funzionano le gas fees di Ethereum e imparare le strategie che permettono di risparmiare sulle transazioni che avvengono su questa rete.
In questo articolo dedicato abbiamo spiegato cinque metodi, alcuni dei quali applicabili anche agli NFT. Il più semplice è quello di scegliere i momenti migliori della giornata e della settimana, approfittando delle oscillazioni di prezzo del gas per coniare quando le fees sono più economiche.
Un altro aspetto è quello di capire quali operazioni comportano il pagamento di gas fees e quali sono gratuite, perché anche se le piattaforme richiedono l’autorizzazione di ogni passaggio tramite wallet Web 3.0, alcune sono semplici firme che non coinvolgono la blockchain e quindi non richiedono il pagamento di commissioni.
Ad esempio su OpenSea abbiamo queste distinzioni, che valgono come riferimento per la maggior parte dei MarketPlace:
- Comporta il pagamento di gas fees: inizializzare il wallet, approvare la spesa di una criptovaluta, trasferire o regalare un NFT, comprare un NFT, autorizzare ogni nuovo NFT alla vendita, cancellare una messa in vendita, fare un’offerta, cancellare un’offerta, accettare un’offerta, congelare i metadati del token.
- Non comporta il pagamento di gas fees: coniare col sistema Lazy Minting, creare una collezione, mettere un NFT in vendita, mettere un NFT all’asta , modificare il prezzo di vendita, concludere una vendita a prezzo fisso.
La questione di fondo però riguarda l’intrinseca dispendiosità di Ethereum, che come abbiamo puntualizzato spesso su questo sito non sarà superata fino alla completa funzionalità di Ethereum 2.0, a lungo promessa entro il 2024 ma che, secondo gli ultimi aggiornamenti presenti sul sito ufficiale di Ethereum, non ha più una data programmata e richiederà ancora anni di sviluppo.
Una via d’uscita snella e molto efficace consiste nel rivolgersi a soluzioni Layer 2, ossia blockchain parallele collegate al Layer 1 di Ethereum per mezzo di smart contract. Siccome operano off chain, processando transazioni in pacchetti che poi vengono aggiunti in un’unica operazione sulla blockchain principale, consentono di aumentarne notevolmente la velocità e il numero per secondo. Il risultato è che le transazioni sono pressoché istantanee e costano pochi centesimi di euro. Un abisso rispetto alle condizioni a cui normalmente utilizziamo Ethereum.
Una delle piattaforme Layer 2 di maggior successo è Polygon. Anche se è compatibile con la Ethereum Virtual Machine e quindi supporta gli stessi tipi di contratti, le sue fees sono minuscole. E’ stato calcolato che, mentre pubblicare una collezione di 10.000 NFT su Ethereum costa facilmente qualche migliaia di euro, su Polygon si può fare lo stesso spendendo una decina di euro.
OpenSea ha addirittura introdotto un programma promozionale che prevede l’eliminazione di tutte le gas fees su Polygon, inclusa l’inizializzazione del wallet. In pratica si paga solo nel trasferire fondi dal network di Ethereum a quello di Polygon. Alcuni altri MarketPlace che supportano Polygon sono Refinable, Venly e NFTrade.
Coniare NFT su OpenSea:Dopo questi chiarimenti siamo pronti per procedere e creare finalmente il nostro primo NFT. Nella dimostrazione che segue ci serviremo di un setup che chiunque potrà facilmente replicare per fare esperienza a costo e rischio zero: useremo OpenSea, MetaMask e la rete Polygon, operando su desktop.
Tutti i dettagli su come usare Polygon in MetaMask e depositare fondi sufficienti sono spiegati nella seconda parte di questa guida, quella relativa a come comprare un NFT.
Come contenuto useremo una foto personale di un’alba, in controtendenza con l’inquietante dilagare di NFT di mostri e teschi.
Procederemo alla creazione col metodo Lazy Minting (perché OpenSea non lascia altre possibilità) e poi trasferiremo il token per provocare la transazione su blockchain che lo renderà a tutti gli effetti un NFT, senza dover aspettare di venderlo.
Per cominciare visitiamo https://opensea.io e colleghiamo il nostro wallet cliccando sull’icona a forma di portafoglio in alto a destra.
Su OpenSea quando connettiamo un wallet viene creato automaticamente un profilo da investitori/collezionisti che possiamo completare o lasciare generico.
Abbiamo bisogno anche di una vetrina nella quale mostrare o mettere in vendita l’NFT, che come sappiamo su OpenSea è considerata una collezione.
Per procedere è sufficiente selezionare ‘My Collections‘ nel menu che appare sotto l’icona del nostro profilo, e poi cliccare su ‘Create Collection‘.
Nella pagina che si apre potremo inserire tutte le informazioni e i media della collezione che vogliamo associare all’NFT o agli NFT che intendiamo creare. OpenSea userà questi elementi per presentare la collezione, e gli NFT che contiene, all’interno del suo MarketPlace:
- Immagine logo (dimensioni suggerite 350 x 350 pixel).
- Immagine in rilievo, che apparirà nella schermata dove OpenSea elenca le collezioni ospitate (dimensioni suggerite 600 x 400 pixel).
- Immagine banner della collezione, che apparirà in cima alla pagina dedicata (dimensioni suggerite 1400 x 400 pixel).
- Nome della collezione: per questa dimostrazione scriviamo ‘One Sky, One Planet’.
- URL OpenSea personalizzato: per questa dimostrazione inseriamo ‘planetsky’, che diventa quindi https://opensea.io/collection/planetsky.
- Descrizione: per questa dimostrazione inseriamo ‘Skies, Clouds and Planets’.
- Categoria: si può scegliere una sola categoria tra arte, oggetti da collezione, fotografia, sport, musica e utilità. Per questa dimostrazione inseriamo ‘Art’.
- Link vari al sito web e ai social inerenti al progetto.
- Percentuale di commissione/royalty sulle future vendite e transazioni dell’opera creata. Può essere al massimo il 10%. Per questa dimostrazione inseriamo 5%.
- Indirizzo al quale ricevere le royalty. Mentre i ricavi delle vendite sono automaticamente accreditati all’indirizzo del nostro account, possiamo scegliere se inserire un indirizzo diverso per le commissioni, che richiedono un periodo di 2-4 settimane dalla vendita per essere corrisposte.
- Blockchain che preferiamo usare, tra Ethereum, Polygon e Klaytn, le tre reti supportate da OpenSea. Per questa dimostrazione selezioniamo Polygon.
- Criptovaluta che vogliamo usare per le compravendite delle opere. Oltre a ETH troviamo ad esempio DAI, USDC e REVV (tutte ovviamente sulla rete Polygon). Per questa dimostrazione selezioniamo ETH.
- Modalità grafica di presentazione delle opere, sulla base della proporzione dell’immagine, scegliendo dai tre template disponibili.
Cliccando su ‘Create‘ in fondo alla pagina la nostra vetrina è pronta. Se ora torniamo su ‘My Collections’ troviamo in elenco quella appena creata e la possibilità di aggiungerne delle altre. Notiamo che selezionando i tre pallini di fianco all’opzione ‘Create Collection’ compaiono le scorciatoie per pubblicare NFT importando contratti customizzati o coniando su piattaforme esterne come Rarible e Mintable.
Ora possiamo passare alla creazione dell’NFT. Torniamo alla homepage o sulla pagina della nostra collezione e clicchiamo in alto su ‘Create‘.
Nella schermata che si apre procediamo a inserire tutti gli elementi che saranno parte integrante del nostro token non fungibile.
In tutto tra media, variabili e opzioni, si tratta di una decina di tasselli:
- Image, Video, Audio, or 3D Model. La componente principale è ovviamente l’opera. Possiamo trascinare dalla scrivania il file che abbiamo preparato o caricarlo aprendo il menu di gestione file. A parte la dimensione massima di 100 Megabyte, OpenSea raccomanda immagini di almeno 350 x 350 pixel.
Possiamo caricare immagini di qualsiasi proporzione, ma quella quadrata o con rapporto larghezza/altezza 2:3 sembra essere lo standard più gradito. Le immagini di collezioni di successo come Bored Apes o Crypto Chicks variano dai 600 x 600 pixel ai 2500 x 2500.
Per questa dimostrazione usiamo una foto PNG di 2.2 Megabyte e 722 x 722 pixel. - Name. Il nome dell’opera, in questo caso ‘Planet Sky’.
- External link. Il link esterno di riferimento. Può essere un sito personale o qualsiasi pagina attinente alla nostra creazione.
- Description. Un’opera d’arte merita una descrizione che incapsuli il suo significato. In linea con l’idea dietro a quest’immagine inseriamo ‘Looking at the Clouds, Seeing a Distant Planet’.
- Collection. Selezioniamo in quale delle nostre collezioni vogliamo che appaia l’NFT. In questo caso ‘One Sky, One Planet’.
- Properties, Levels, Stats. Queste tre serie di proprietà consentono di aggiungere, selezionare e dosare dettagli per distinguere l’oggetto all’interno della collezione: caratteristiche, nomi, livelli, peculiarità. In questa dimostrazione, trattandosi di un’immagine pensata come pezzo singolo, lasciamo vuoti questi campi.
Tuttavia, quando si tratta di realizzare collezioni di successo, la distribuzione artificiale di caratteristiche che rendano alcuni oggetti più rari di altri è essenziale. - Unlockable Content. Si tratta dell’opzione che consente di includere nell’NFT contenuti aggiuntivi che saranno accessibili esclusivamente all’acquirente dell’opera. Può essere un link, un codice, una chiave di accesso. Qui non ne facciamo uso.
- Explicit & Sensitive Content. E’ l’opzione per segnalare NFT che contengono materiale esplicito.
- Supply. E’ il numero di pezzi in cui l’NFT sarà coniato. In questo caso 1. In caso di numero superiore, significa che più persone potranno acquistare e possedere lo stesso oggetto, nella tiratura qui definita.
- Blockchain. Attualmente OpenSea permette di coniare su Ethereum e Polygon. Selezioniamo quest’ultima rete.
- Freeze Metadata. E’ l’opzione che consente di ‘congelare‘ i metadati, ovvero di metterli al sicuro e conservarli in maniera decentralizzata, in modo che non possano sparire e impedendone future modifiche anche da parte dello stesso autore. Un vero NFT non può prescindere da questa caratteristica.
Mentre l’NFT è il contratto che certifica autenticità e proprietà, i metadati includono tutto ciò che associamo con la sua essenza: nome, contenuto mediatico, descrizione e proprietà.
Per poter selezionare questa opzione bisogna prima completare la creazione.
Siamo pronti. Dopo una rapida revisione per verificare di aver inserito dati corretti, clicchiamo su ‘Create‘ per procedere con la creazione dell’NFT.
Nel giro di una decina di secondi una schermata di conferma ci avvisa che la creazione è andata a buon fine.
Abbiamo appena coniato il nostro primo NFT. O meglio, lo abbiamo registrato su OpenSea, per ora.
A questo punto infatti l’oggetto apparirà nella nostra collezione, oltre che nel nostro profilo OpenSea, e sarà visibile agli altri utenti del MarketPlace.
Potrà essere regalato, trasferito, venduto, condiviso sotto forma di link o condiviso sui social network (Facebook e Twitter) direttamente dalla sua pagina dentro OpenSea. Ma non apparirà nel nostro wallet, né su blockchain, per via del processo di Lazy Minting spiegato prima.
Quindi, per chiudere la procedura e assicurarci di avere un vero NFT, completiamo due importanti operazioni:
- Congeliamo i metadati, così da rimuoverli dal salvataggio centralizzato sui server di OpenSea (che come vedremo conserva i file su Google).
- Effettuiamo un trasferimento al nostro stesso indirizzo, così da attivare la registrazione su blockchain e quindi l’effettivo minting.
Iniziamo congelando i metadati. Nella schermata dell’oggetto abbiamo una serie di opzioni. Le due principali sono ‘Edit’ e ‘Sell’, e tramite varie icone possiamo anche trasferire il token, condividere il suo link e rinfrescare i dati letti dalla blockchain.
Clicchiamo su ‘Edit‘.
Torniamo così al pannello usato durante la creazione, in fondo al quale l’opzione ‘Freeze’ adesso è disponibile. La selezioniamo e poi clicchiamo su ‘Freeze‘.
Ci viene spiegato che congelando i metadati questi saranno salvati in maniera permanente su IPFS e non potranno più essere rimossi o modificati. Confermiamo solo se siamo sicuri che i contenuti sono esattamente come da nostre intenzioni.
Siccome il freezing comporta la scrittura dei riferimenti nel contratto, interviene la blockchain e quindi si apre automaticamente una finestra di MetaMask per firmare la corrispondente transazione e pagare le gas fees, che come notiamo ammontano a 0.007 MATIC, circa 1 centesimo di euro al momento della dimostrazione.
– La Differenza tra Criptovalute e Token ERC20, BEP2, BEP20, SPL e TRC20
– Come Aggiungere un Custom Token in MetaMask Wallet
– Compriamo una quantità adeguata di MATIC su un exchange (Binance ad esempio supporta MATIC in versione nativa).
– Inviamoli al nostro indirizzo MetaMask, prelevando sulla rete Polygon (attenzione perché alcuni exchange permettono di prelevare MATIC solo come ERC20 token su Ethereum, e in tal caso rischiamo di perdere i nostri fondi).
Una volta confermato nel wallet, si aprirà una schermata di attesa intanto che l’operazione viene processata sul network.
Cliccando sul link del Transaction Hash, ovvero l’identificativo della transazione che sta vendendo processata, possiamo visionare il suo stato direttamente su Polygonscan, il blockchain explorer dedicato del network Polygon.
In circa un minuto la transazione è confermata.
Tornando alla pagina dell’NFT il tasto ‘Edit’ sarà scomparso e troveremo solo quello ‘Sell’, che useremo tra un attimo per metterlo in vendita. Se apriamo la sezione ‘Details‘ notiamo tutte le sue caratteristiche: il numero di contratto del token, il suo ID, lo standard usato, la blockchain e lo stato dei metadati, che adesso è ‘Frozen‘.
Se clicchiamo su ‘Frozen’ si apre il link che indica come i contratti di OpenSea conservano i metadati e le opere per renderle ‘per sempre’:
Leggendo nel link notiamo che si appoggia non solo alla struttura IPFS ma anche alla compagnia specializzata Pinata, attualmente la combinazione ideale per garantire immutabilità e permanenza all’opera, come ampiamente discusso in fondo alla prima parte di questa serie.
Al contrario, prima del freezing i metadati su OpenSea sono conservati su server, in questo formato:
I numeri che vediamo sono il contratto usato da OpenSea per coniare e ‘id’ è il token ID dell’NFT.
Mentre la dicitura che troviamo su OpenSea dice semplicemente ‘Centralized’, il link rimanda a un ulteriore collegamento dove sono concretamente salvati i file, che come notiamo sono su Google:
Il processo per risalire ai link dei file originali e capire dove si trovano è spiegato in dettaglio in questo articolo di approfondimento.
Anche se i metadati ora sono al sicuro, se controlliamo su un explorer inserendo il nostro indirizzo notiamo che l’NFT su blockchain non figura, a conferma che, come detto, OpenSea di fatto non conia il nostro NFT finché questo non viene venduto o trasferito. I metadati adesso sono frozen, ma l’NFT è il contratto, non i metadati.
Riportiamo testualmente dal sito: ‘NFTs created on OpenSea aren’t actually ‘minted’ onto the blockchain until they are purchased or sent to another wallet’, cioè ‘Gli NFT creati su OpenSea non sono effettivamente ‘coniati’ nella blockchain finché non vengono acquistati o mandati a un altro wallet’.
Passiamo quindi all’attivazione del minting vero e proprio facendo un trasferimento al nostro stesso indirizzo.
Bisogna ammettere che è un percorso un po’ contrito. Sugli altri MarletPlace non è molto diverso. Il punto è che tutti cercano di aggirare le gas fees per incentivare nuovi utenti ad avvicinarsi agli NFT rimuovendo più barriere possibile.
Per procedere clicchiamo sul simbolo a forma di pacco regalo sotto la scritta ‘Sell‘.
Si aprirà la finestra ‘Transfer your Item‘, con una barra nella quale inserire l’indirizzo. Copiamo l’indirizzo dal nostro account MetaMask, assicurandoci che sia esattamente quello con cui siamo collegati a OpenSea e verificando di non aver commesso errori a copiare e incollare perché altrimenti l’NFT sarà irrecuperabile.
Come sempre si attiverà una finestra MetaMask nella quale firmare la conferma della transazione. In questo caso non vedremo gas fees coinvolte, non perché non ci sono ma perché OpenSea sulla rete Polygon se ne fa carico in base al programma promozionale citato prima.
In qualche secondo il trasferimento verrà processato, e con esso, finalmente, la concreta coniatura dell’NFT. Ultimato anche questo passaggio l’oggetto digitale creato risulterà di proprietà del nostro indirizzo e quindi da adesso gestibile non solo su OpenSea ma anche tramite wallet o altra piattaforma compatibile.
Se controlliamo sul Polygon explorer avremo riscontro che l’NFT si trova presso il nostro indirizzo, è coniato ed è di nostra proprietà. Eventuali difficoltà di visualizzazione in wallet e piattaforme saranno a questo punto solo problemi di compatibilità.
Potremo aggiungerlo all’interno di MetaMask se non appare automaticamente (ricordiamo che solo la versione mobile supporta NFT), e lo vedremo comparire in qualsiasi MarletPlace che tratta NFT sulla rete Polygon.
Ad esempio, se visitiamo NFTrade e ci colleghiamo, tra gli NFT associati al wallet troveremo sia quello acquistato nella seconda parte di questa serie che quello appena coniato.
Anche se in questo caso le immagini non compaiono, per i soliti problemi di incompatibilità nella lettura dei metadati, gli NFT sono visibili e soprattutto vendibili/trasferibili anche tramite altre piattaforme, che come spiegato in apertura possono essere pensate come finestre che permettono di vedere dentro la nostra galleria.
Lo stesso vale se abbiamo creato NFT su un’altro MarketPlace e ci colleghiamo a OpenSea. Gli NFT coniati su Ethereum, vista la loro maggior diffusione, hanno la massima compatibilità e visibilità attraverso tutte le principali piattaforme.
Siccome gli standard sono quelli, se coniamo su qualsiasi sito che li utilizza, che sia Enjin, Forge o Mintable, OpenSea sarà comunque in grado di riconoscere tutto. E’ sufficiente collegare il wallet per vedere comparire i propri NFT e poterci interagire, e mettere in vendita, anche su più di un mercato.
Va notato però che la specifica collezione, essendo integrata sulla piattaforma di turno, va ricreata separatamente su ciascun sito.
Vendere NFT su OpenSea:Finalmente siamo pronti per la messa in vendita. Selezioniamo ‘Sell‘ per procedere. Nella schermata che si apre inseriamo il prezzo, in questo caso 1 ETH, e la durata dell’offerta, in questo caso un mese.
Cliccando su ‘Complete Listing‘ procediamo con quest’ultimo passo.
Si attiva una finestra in cui completare l’operazione e possiamo avere uno o due passaggi. Se è la prima volta che vendiamo e non abbiamo mai fatto acquisti o vendite dobbiamo per prima cosa sbloccare il portafoglio, cliccando su ‘Unlock’.
Si aprirà automaticamente un pannello di MetaMask all’interno del quale potremo firmare una transazione per consentire l’utilizzo dei nostri ETH nel MarketPlace. Fatto questo l’operazione si completa nello stesso pannello con un secondo step che consiste nel firmare un messaggio.
In questo caso siccome il wallet usato è già sbloccato abbiamo solo il secondo dei due passaggi, ovvero ‘Sign Message’: una semplice autorizzazione che non coinvolge gas fees.
In un minuto la procedura viene completata e la nostra opera è in vendita. Dalla pagina dell’NFT possiamo a questo punto seguire tutte le attività che la riguardano, vedere l’andamento dei prezzi, eventuali offerte, e se lo vogliamo modificare la vendita o il prezzo.
In alto a sinistra notiamo il logo della blockchain sulla quale esiste, il simbolo del fiocco di neve a indicare i metadati congelati, e il simbolo di ETH di colore viola, che indica che si tratta di Ether su Polygon.
Se invece di Polygon abbiamo usato Ethereum, sia il congelamento dei dati che la messa in vendita comporteranno il pagamento delle gas fees del network.
Per vendere su OpenSea con Ethereum è necessaria l’approvazione della messa in vendita (o all’asta), che richiede il pagamento di fees (una sola volta per ogni nuovo oggetto). E’ poi necessario firmare una conferma, un secondo passo che non implica costi.
Se però è la prima volta che vendiamo in questo MarketPlace dobbiamo prima di tutto inizializzare il nostro account, col pagamento della tariffa una tantum menzionata prima.
Tutti e tre i passaggi avvengono all’interno di finestre MetaMask che si aprono automaticamente. Come vediamo al momento di questa dimostrazione inizializzare il wallet sarebbe costato 80 euro. In genere possiamo aspettarci di pagare tra i 50 e i 200 euro, in base alle condizioni del network e al prezzo di ETH.
OpenSea applica una commissione fissa del 2.5% sulle opere vendute, trattenuta al momento della transazione. Una delle più basse del settore, e anche negli altri MarketPlace non si va molto oltre qualche punto percentuale, con una media del 5%.
Oltre alla vendita a prezzo fisso esiste la vendita all’asta. Questa funzione attualmente su OpenSea è disponibile solo per gli NFT con contratto ERC721, i pezzi unici, e gli NFT creati su Ethereum.
In tal caso, quando selezioniamo ‘Sell‘ per vendere, nella schermata che sia apre compare un’opzione ‘Timed Auction‘ (asta a tempo) oltre a quella ‘Fixed Price’, la modalità a prezzo fisso usata prima.
L’asta può avvenire in due modalità:
- La vendita al migliore offerente, nella quale l’offerta più alta vince a fine asta. Inseriamo un prezzo di partenza e la durata dell’asta. Gli interessati fanno delle offerte di qualsiasi cifra. Se alla scadenza ci sono offerte superiori o uguali al prezzo di partenza, OpenSea chiuderà la vendita.
In caso invece di prezzo inferiore sta a noi decidere se accettare o meno l’offerta migliore. Non c’è nessun obbligo a completare la trattativa però.
Possiamo inoltre inserire un prezzo di riserva, che consiste nella cifra minima (naturalmente più alta del prezzo di partenza) che siamo disposti ad accettare tra le offerte. Se questa a fine asta non viene raggiunta non si completa nessuna vendita. - La vendita al ribasso, nella quale il prezzo cala finché qualcuno acquista. Inseriamo un prezzo di partenza, un prezzo di chiusura e la durata dell’asta. Gli interessati fanno delle offerte al ribasso, e chi vuole può completare l’acquisto in qualsiasi momento.
Se nessuno compra prima, l’asta si chiude con una vendita all’ultimo offerente prima della scadenza o con un nulla di fatto se alla scadenza non ci sono acquirenti.
Per distinguerlo viene identificato col logo di colore rosa (da non confondere col viola di Polygon). Si può scambiare con ETH direttamente all’interno di OpenSea.
Tutte le transazioni avvengono secondo il meccanismo sicuro degli Atomic Match, che garantisce che l’NFT venga inviato solo se, e nel momento in cui, il pagamento viene completato, in quanto l’intera compravendita ha luogo in una singola operazione.
Creare una Collezione di Qualità:Superata la barriera della creazione di un primo NFT potremmo anche decidere di fare sul serio e creare un’intera collezione. Anche se l’argomento meriterebbe un articolo a sé, ci sono alcune regole di base che possiamo brevemente considerare in questa sede.
Ogni collezione è intrinsecamente unica. Le collezioni più popolari però sono quelle basate su un mix ideale di oggetti interessanti e campagne di marketing perfettamente riuscite.
Girando un po’ in OpenSea è evidente che le collezioni che funzionano seguono regole ben precise. Prendiamo due classici esempi: Crypto Punks e Bored Apes Yatch Club.
Considerato che hanno volumi totali di trading di centinaia di migliaia di ETH, possiamo imparare moltissimo semplicemente prendendo spunto dalle loro strategie:
- Tutto inizia con un‘idea unica, che poi viene realizzata con la più alta qualità possibile.
- La collezione ha una tiratura limitata (in questi casi 10.000 pezzi), e al suo interno ogni NFT ha qualità individuali, elementi rari e una sua personalità.
- Le proprietà sono distribuite in un mix intelligente, spesso generato da algoritmi. Il grado di rarità di ciascuna è ingegnerizzato (ad esempio solo 9 Crypto Punk su 10.000 sono alieni), in modo da posizionare ogni pezzo in una certa fascia di prezzo e creare così un mercato attraente e adatto a un ampio pubblico.
- Una ricerca sui dettagli degli NFT permette di verificare velocemente la qualità e autenticità dei contratti, e il fatto che i metadati sono al sicuro.
- Hanno una consolidata identità e presenza online. E nei profili troviamo un elenco completo di collegamenti a siti ufficiali e link ai social, con un folto seguito che dà loro credibilità e contribuisce ad aumentarne il valore.
- Sono disponibili su più di una piattaforma.
- Sono realizzate su una blockchain si successo.
- Usano emissioni pianificate, prevendite, airdrop e altre strategie di marketing per creare anticipazione, senso di esclusività e urgenza di dover entrare a far parte del club di chi possiede un pezzo.
In sintesi la ricetta più efficace ruota attorno a qualità ma soprattutto a marketing e community. Le persone infatti comprano NFT per tante ragioni: non solo unicità e bellezza ma anche attaccamento emozionale e valore sociale.
Senza necessariamente creare migliaia di pezzi, potremmo partire da qualche decina, da un progetto ben realizzato (che magari se siamo artisti già esiste, è affermato da tempo e va solo traghettato nella dimensione NFT), e dal curare la nostra presenza online secondo i canoni di questa nuova frontiera dell’arte digitale.
Scegliere un MarketPlace:La scelta di un MarketPlace è fondamentale per chi crea e commercia arte, perché si tratta di stabilire in quale vetrina il pubblico vedrà esposte le nostre opere.
Anche se gli NFT si possono creare e vendere privatamente, usare mercati a loro dedicati è il modo più diretto di raggiungere un pubblico mondiale. Creiamo una collezione e in un attimo abbiamo accesso a milioni di persone.
Il problema è che non è facile orientarsi nel caos di piattaforme, blockchain e opzioni a disposizione. La scelta giusta avviene per tentativi, facendo esperienza sui MarketPlace più quotati e scoprendo cosa funziona meglio per noi.
Ognuno ha il suo punto forte. Ad esempio OpenSea è apprezzato per la semplicità di gestione e il supporto di network con costi bassissimi, mentre Rarible è preferito dagli artisti e da chi vuole un vero NFT (in quanto, al contrario di OpenSea, offre anche contratti ERC721).
Vediamo alcuni punti da tenere presenti per aiutarci a stabilire il MarketPlace più adatto a noi:
- Il livello di accessibilità. E’ importante che l’interfaccia utente del MarketPlace sia intuitiva e facile da usare, in modo che nuovi utenti e curiosi debbano confrontarsi col minor numero di barriere possibile, a dispetto della necessaria interazione con Web 3.0, wallet e criptovalute.
- La qualità dei contratti. I contratti condivisi che le piattaforme posseggono e mettono a disposizione di default sono un valido punto di partenza, ma chiunque sia seriamente motivato a sviluppare una carriera artistica che coinvolge gli NFT dovrà a un certo punto valutare la stesura di contratti propri, che tra l’altro accrescono la credibilità e il prestigio di un progetto.
- Le gas fees coinvolte. Largamente dipendenti dal network usato, ma in parte anche connesse alla qualità dei contratti impiegati.
- Le commissioni applicate sulle vendite. Ad esempio: LooksRare 2%, OpenSea e Rarible 2.5%, Mintable 2.5-10%, Nifty Gateway 5%, SuperRare, Foundation e MakersPlace 15% (!).
- La possibilità di inserire una percentuale di royalties sulle vendite future. Alcune piattaforme stabiliscono una percentuale fissa, altre consentono di impostarle come si preferisce, altre ancora di accreditarle a indirizzi diversi da quelli del proprio account.
- Il tipo di pubblico a cui si rivolgono. Può essere generico o specifico. Sicuramente non cercheremo di vendere NFT di celebrità sportive su SuperRare, MarketPlace dedicato all’arte.
- La reputazione e popolarità. Siccome all’inizio chi crea un profilo si appoggia completamente alla piattaforma su cui pubblica, più questa è esclusiva, adatta al nostro tipo di prodotto e dotata di una florida community, più saranno facilitati i nostri primi passi.
SuperRare, MakersPlace e Foundation hanno comunità ben consolidate, mentre altre come Mintbase e OpenSea invitano gli artisti a essere più autonomi e autosufficienti. - Il volume movimentato. Considerata l’intrinseca bassa liquidità degli NTF, è importante stare su piattaforme con un alto volume di compravendite. Usare strumenti come DappRadar o DefiLlama permette di prendere le misure su quanto volume gestiscono le diverse piattaforme, oltre che quali blockchain supportano e che tipo di opere trattano.
Come già detto è un’ottima idea avere la stessa collezione in mostra su più MarketPlace. Molte delle collezioni più pregiate e di successo approfittano di questa opportunità.
Possiamo creare collezioni e quindi vetrine in tutti i MarketPlace che vogliamo, e far così osservare la nostra produzione ad un pubblico ancora più vasto.
Inoltre i MarketPlace principali sono automaticamente integrati l’un l’altro, per cui se creiamo NFT su Ethereum saremo istantaneamente visibili (e a volte anche in vendita) sulle piattaforme compatibili.
Quando un oggetto sarà venduto sparirà dalla galleria del nostro wallet e quindi simultaneamente da tutte le vetrine dei MarketPlace nei quali era in vendita.
Avere collezioni su più piattaforme è inoltre una garanzia. Tornando al paragone con eBay: se eBay chiude non significa che non possiamo più vendere un oggetto, o che l’oggetto sparisce. Semplicemente sarà più difficile venderlo perché è venuta meno una vetrina che gli dava tanta visibilità.
Per questo motivo bisognerebbe anche evitare di investire tutte le proprie energie nel far crescere una collezione in un singolo MarketPlace. Non dimentichiamo che sono strutture private: si riservano di stabilire cosa pubblicare o rimuovere, e sia i profili di collezionisti e artisti che moltissime opere sono custoditi sui loro server.
Preservare e Proteggere da Furti:Proteggere un NFT di nostra creazione richiede la gestione di due aspetti:
- Innanzitutto usare tutte le procedure basilari di salvaguardia, come per qualsiasi criptovaluta. Ne abbiamo parlato nel paragrafo ‘Come Conservare un NFT’ dello scorso articolo. In due parole: wallet non custodial e hardware.
- Poi assicurarsi che i metadati siano immutabili e dislocati in maniera decentralizzata, in modo da garantirne la permanenza. Ad esempio nella dimostrazione abbiamo immediatamente ‘congelato’ i metadati del token creato.
Anche questo aspetto è stato approfondito nel paragrafo ‘Rischi’ della prima parte di questa guida completa agli NFT. In sintesi è possibile creare facilmente un proprio nodo IPFS e custodire i file dell’opera in autonomia.
Questa opzione è però disponibile solo se si utilizzano contratti propri e non quelli forniti dai MarketPlace, che offrono anche per IPFS soluzioni standardizzate.
Creare NFT sui MarketPlace interni agli exchange (come Binance NFT) infrange entrambe queste regole e non è una soluzione che ha molto senso: gli NFT non sono nostri e non abbiamo alcun controllo dei metadati.
Un ultimo elemento riguarda il proteggersi dal rischio che una nostra creazione venga rubata. Anche di questo abbiamo parlato a fondo nella sezione ‘Truffe’ della seconda parte.
La cosa sorprendente è che le truffe più comuni sono quelle basate sul social engineering, manipolazioni nelle quali dei malintenzionati si fingono operatori di una certa piattaforma e finiscono con l’ottenere le credenziali di accesso ai wallet dove sono custodite le opere.
Distruggere un NFT:Per chiudere il cerchio, dopo averlo creato un NFT potremmo anche volerlo distruggere. Ci possono essere diversi motivi per cui farlo, da un errore nei metadati a un’opera che non ci soddisfa più. La ragione più tipica però è quella di ridurre la quantità di NFT disponibili per aumentare il valore di una collezione.
Teniamo presente che come sempre e come per qualsiasi operazione su blockchain, ci sono due principi inviolabili:
- Abbiamo potere solo su token che sono nel nostro wallet e di cui deteniamo le chiavi private. Questo comporta che la possibilità di distruggere un NFT esiste solo finché questo è di nostra proprietà. Anche se ne siamo gli autori, una volta che l’NFT l’abbiamo venduto non si può più intervenire.
- Una transazione, non appena processata, è irreversibile. Questo comporta che una volta distrutto l’NFT è andato per sempre, non c’è modo di tornare indietro.
La distruzione di NFT avviene secondo lo stesso processo applicato alle criptovalute, chiamato Burning. E’ sufficiente inviare l’NFT a un indirizzo specifico per questa operazione, e in un attimo sarà ‘bruciato’.
Per criptovalute e NFT su Ethereum o piattaforme EVM compatibili gli indirizzi ufficiali sono:
- 0x0000000000000000000000000000000000000000 (Null Address).
- 0x000000000000000000000000000000000000dEaD (Burn Address).
Il primo è il Null Address di Ethereum. Ogni blockchain crea un indirizzo di questo tipo con lo scopo di avere un contenitore dove buttare via i token indesiderati o non più utilizzabili. Il secondo è un indirizzo creato dagli sviluppatori di Ethereum specificamente per il Burning.
Trattandosi di una transazione, il costo del distruggere un NFT è quello delle gas fees associate al trasferimento.
Come visto, quando creiamo sui MarketPlace, siccome la maggior parte usa la tecnica del Lazy Minting, è sempre possibile cancellare il token se non è ancora stato registrato su blockchain. Su OpenSea, nella pagina dell’NFT, finché non scriviamo su blockchain troviamo il tasto ‘Edit’ di fianco a quello ‘Sell’. Cliccando su ‘Edit’ e andando in fondo alla schermata che si apre troviamo il tasto ‘Delete’.
Alcuni MarketPlace offrono l’opzione per bruciare NFT già coniati, con la funzionalità ‘burn‘ integrata nel contratto del token e attivabile dall’autore.
Attenzione ai siti che si presentano come ‘burner’. Ci sono progetti che sembrano legittimi, come BurnYourNfts. Chi garantisce che i proprietari delle chiavi private di questi indirizzi non rimettano in circolo gli NFT inviati? Chi sono questi individui? Verificando su explorer sembra che attualmente tutte le transazioni siano ‘In’ e nessuna ‘Out’. Ma nessuno può garantire che tra una mese o dieci anni chi detiene le chiavi di accesso non inizi a fare il percorso inverso. Da evitare.
Conclusioni:Anche se gli NFT esistono da quasi un decennio, è solo dal 2021 che sono diventati un fenomeno culturale e sociale rilevante. Per questo motivo le questioni da risolvere sono ancora numerose, così come le barriere da superare e le compatibilità da raggiungere.
Inoltre le implicazioni connesse a questa tecnologia fanno emergere ogni giorno nuove domande. Più si impara e più si capisce che è un territorio sconfinato.
Le possibilità offerte dagli NFT sono però notevoli, soprattutto per chi crea contenuti. Gli artisti storicamente hanno sempre ceduto il grosso dei propri introiti a degli intermediari, e in questo senso gli NFT sono potenzialmente dirompenti.
Ecco perché, anche se si tratta di una dimensione ancora agli esordi e anche se al momento gli NFT hanno dei limiti è importante iniziare sin da subito a capire il funzionamento e le possibilità di questa innovazione.
In questo articolo abbiamo coperto i passaggi essenziali per muoverci con cognizione di causa e iniziare a esplorare questo affascinante mondo.
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